In questo breve articolo di cronaca, tratto dal sito online del quotidiano “Il Mattino”, si ripropone il tema spinoso della grande varietà dei dialetti presenti nel nostro paese, che spesso pone i Giudici nella difficile condizione di dover individuare un perito trascrittore che abbia sufficiente dimestichezza con il dialetto di una particolare area del territorio. Nel caso specifico, la difficoltà nell’individuazione di un perito è stata ulteriormente complicata dalla distanza geografica tra la città dove si svolge il processo (Belluno) e la città di provenienza dei soggetti intercettati (Caserta).
Le riflessioni riportate dall’autore dell’articolo pongono seri quesiti sull’interpretazione che, ancora oggi, tocca la questione linguistica e sociolinguistica dell’Italia. Le differenze tra i vari dialetti d’Italia e tra i dialetti di una stessa “regione” sono ben note fin dal De vulgari Eloquentia. Soprattutto dalla fine dell’Ottocento, autorevoli studiosi, con approcci differenti, hanno delineato confini e mappe che ritraggono somiglianze o distanza, convergenze o divergenze, tra i dialetti d’Italia, spesso raffigurando una notevole frammentazione dialettale in uno stesso territorio. Infatti, discrepanza fonetico-fonologiche, morfo-sintattiche, lessicali e semantiche caratterizzano non solo i dialetti situati in punti molto distanti tra loro, ad esempio il dialetto che si parla a Milano piuttosto che quello usato a Palermo, ma anche i dialetti di una stessa “regione”. Un esempio è la Campania, come ricorda l’articolo, ma altre realtà mostrano la medesima situazione dialettale; ad esempio la Calabria.
Andrea Tarasi, dottore di ricerca in studi letterari e linguistici